3/5 (2) Escape Plan 3 – L’ultima sfida

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recensione-escape-plan-l-ultima-sfidaIl primo capitolo di Escape Plan – Escape Plane – Fuga dall’inferno – aveva riscosso tanti giudizi positivi.  Non era il film dell’anno ma per il suo genere aveva il suo perchè, era piacevole e mi era piaciuto. ll secondo capitolo – Escape Plan – Ritorno all’inferno – inizia con una sequenza confusa impreziosita da dialoghi assurdi, e finisce anche peggio. Un sequel che si poteva fare meglio o evitare di fare. Poi nel 2019 arriva Escape Plan 3 – L’ultima Sfida.. una fine orrenda per una saga iniziate bene. Non sono neanche riuscito a vederlo al cinema perchè è stato nei cinema solo 3 giorni. Questo già la diceva lunga sulla qualità.

Escape Plan 3 : la “trama”

In questo Escape Plan, la figlia di un magnate di Hong Kong viene rapita e Ray Breslin, incaricato di salvarla, riceve una minaccia da Lester Clark jr., figlio del precedente socio in affari di Ray, che gli promette vendetta. Ray riceve anche l’aiuto di due esperti di sicurezza di Hong Kong, ossia Bao Yung che si sente in colpa per non essere riuscito a salvare la donna, e il misterioso Shen Lo, formidabile artista marziale che ha un interesse molto personale verso la vittima del rapimento. Ray poco dopo è a sua volta colpito negli affetti da Lester e così, insieme al massiccio Trent DeRosa, è deciso più che mai a portare a termine la missione.

Un action movie per il mercato asiatico

Strizzando quanto più possibile gli occhi al mercato asiatico, Escape Plan 3 – L’ultima sfida, terzo capitolo di una saga nata stanca, non ci prova nemmeno più a raccontare ingegnose storie di evasioni e si accontenta di essere un action poco ispirato, dove Stallone e Bautista appaiono sempre più svogliati e marginali. Sembra di vedere uno di quel film cinesi di fine anni 90/inizio 2000. Orrendo.

Dave Bautista, che nel secondo capitolo raccoglieva la staffetta di Schwazenegger, è qui infatti ben poco presente. Il personaggio di Stallone sarebbe quello più emotivamente stravolto dalla vicenda, ma la sceneggiatura è banale ed è solo di contorno al film. Anche i dialoghi sono spiccioli e banali.

Alla elaborata prigione del primo Escape Plan e al dialettico rapporto tra Stallone e Schwarzenegger, si sostituiscono una manciata di corridoi di un edificio abbandonato. Qui i nostri semplicemente entrano di soppiatto e sconfiggono a turno i vari avversari.

In questo Escape Plan, i singoli combattimenti, chiaramente il punto di forza dell’operazione, vanno dal buono al passabile. La povertà di scrittura e scenografia in cui sono immersi gli impedisce però di brillare. Su tutto il resto, incluso il finale molto sbrigativo, è decisamente meglio stendere un velo pietoso.